giovedì 16 luglio 2015

CERTIFICAZIONE ENERGETICA: DAL RECEPIMENTO DELLA NORMA EUROPEA ALLA REALTA’ DEL MERCATO PROFESSIONALE ITALIANO

La legislazione comunitaria sull'efficienza energetica deriva da una serie di direttive che affidano l'attuazione delle misure contenute agli Stati membri. Le direttive di riferimento sono le 2002/91/CE e la 2010/31/UE. Il Governo italiano è stato tra i primi paesi ad emanare una legge per il recepimento della Direttiva 2002/91/CE: il D.Lgs. 19/08/2005 n.192 con il quale è stata costituita una cornice normativa all'interno della quale le Regioni possono esplicitare le loro competenze, in virtù della modifica del Titolo V della Costituzione che rende l’energia materia concorrente tra Stato e Regioni.
   Con la stessa norma si prevedeva l’obbligo di allegare l’attestato di prestazione energetica all’atto notarile in caso di compravendita o locazione di un immobile.
Il governo italiano, all’atto del recepimento, aveva inteso promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici, grazie alla informazione fornita ai proprietari e utilizzatori, dei suoi consumi energetici richiesti per mantenere un determinato clima interno. Tale sensibilizzazione, ribadita anche dalla comunità europea, è stata perseguita con un quadro legislativo volto a contenere gli oneri per gli utenti finali, disporre di metodi di calcolo semplificati e snellire le procedure.
   Per questa ragione furono emanati successivi decreti attuativi che prevedevano l’allargamento della figura del certificatore ad una vasta platea di tecnici diplomati e laureati offrendo gratuitamente l’ausilio del software DOCET prodotto dall’Enea, nato dalla ricerca di approcci semplificati per facilitare l’inserimento dei dati da parte di utenti anche senza specifiche competenze. L’intenzione, neanche troppo celata, era quella di gravare il meno possibile sulle tasche dei cittadini.
   Con lo stesso obbiettivo fu prevista l'autodichiarazione in classe G del proprietario dell'immobile in presenza di edifici di epoca antecedente alla Legge 373/76, prima norma italiana che regolava l'installazione degli impianti termici.
   L’autodichiarazione in classe G, rappresentativa di una scarsa efficienza energetica, veniva giustificata appunto dalla totale mancanza di una normativa sul contenimento energetico prima del 1976 (quindi perché far spendere al cittadino denaro inutilmente se tali edifici sono sicuramente in classe G?), ma non era prevista dalla Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia tanto che la Commissione Europea, dopo i richiami di rito, aprì la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese. La procedura scelta dal Governo violava l'articolo 7, paragrafi 1 e 2 della Direttiva 2002/91/CE in quanto, la semplice autocertificazione, non consentiva al futuro acquirente né di comprendere l'entità del costo di gestione energetica né di acquisire utili informazioni in merito al miglioramento del rendimento energetico dell'edificio; verrebbe così a cadere l'utilità stessa della procedura di certificazione energetica.
   Al solito, smascherate le false scorciatoie e le genialità del politico del Bel Paese, il Governo fu costretto a correre ai ripari, dimostrando un approccio approssimativo e pressappochista che, negli anni successivi, dimostrerà tutta la sua inadeguatezza.

   In questo contesto i tecnici iscritti agli ordini professionali, chiamati dagli obblighi normativi a fornire immediate risposte ai cittadini, vedevano nella certificazione energetica un nuovo ambito lavorativo. In mancanza dei decreti attuativi che regolino la formazione della figura del certificatore la norma nazionale prevedeva l’immediata operatività degli iscritti agli ordini professionali che, senza uno specifico corso abilitante (e preso atto delle semplificazioni in materia di calcolo delle prestazioni energetiche), si vedevano riconoscere lo “status” di certificatori.
   La concomitanza della liberalizzazione delle tariffe professionali ha sviluppato un mercato della prestazione professionale dell’attestato energetico al ribasso, con onorari al limite della sopravvivenza, sospinto anche dall’uso pubblicitario della rete internet, con l’esordio di offerte a “pacchetti” di certificati, fra i quali spiccavano, per temerarietà, quelli offerti dalla famosa Groupon.
   Già da allora il mondo delle professioni vedeva in modo fortemente critico tali iniziative che, se pure ammesse dalla liberalizzazione dei compensi professionali, destavano sospetti sulla qualità delle prestazioni se non addirittura sulla loro veridicità.
   Di fronte a possibili contestazioni disciplinari da parte degli ordini professionali, i certificatori si appellavano appunto alla liberalizzazione dei compensi e alla natura “promozionale” della offerta prestazionale: causa la mancanza di lavoro e le difficoltà di penetrazione nel mercato professionale dove i “senior” la fanno da padroni, veniva addirittura ammesso dai neo certificatori un compenso irrisorio, pur di acquisire nuova clientela, magari contando su possibili prestazioni accessorie (bisogna aggiornare la planimetria catastale! Quel tramezzo è abusivo!).
   Si arriva così ai giorni nostri: la normativa italiana si completa dei decreti attuativi, sempre in ritardo rispetto alla normativa comunitaria che invece cambia nuovamente.
Dalla Direttiva comunitaria più importante, la 2002/91/CE, anche nota come Direttiva EPBD ("Energy Performance of Buildings Directive"), con obiettivi quali la diminuzione entro il 2010 del 22% dei consumi energetici comunitari, un risparmio di energia primaria pari a 55 mln di tep ed una riduzione di emissioni di CO2 quantificabile in 100 milioni di tonnellate, si passa alla direttiva 2010/31/CE che ha ripreso e sostituito la direttiva 2002/91/CE, indicando il 31 dicembre 2020 come data ultima in cui tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia "quasi" zero (31/12/2018 per gli edifici pubblici).
   A fronte degli obbiettivi cambiano anche le modalità di calcolo: Il 2 ottobre 2014 sono state pubblicate le nuove norme UNI TS 11300 parte 1 e 2:2014 che hanno profondamente cambiato il modo di effettuare i calcoli relativi alla certificazione energetica degli edifici. Ciò ha comportato la non idoneità del software gratuito DOCET e degli ulteriori software di calcolo in commercio.
   La revisione della norma UNI/TS 11300-1 comporta numerose modifiche al metodo di calcolo della precedente versione, rispetto a tutti i contributi che determinano il fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva e invernale.
   Le conseguenze delle modifiche riguardano: i ponti termici che si valutano solo attraverso i coefficienti lineici ψe; le caratteristiche dei materiali ed in particolare la conducibilità termica λ, che devono essere opportunamente corretti per tener conto delle condizioni in cui si opera in accordo con la norma UNI EN ISO 10456; le Perdite per ventilazione la cui valutazione diventa molto più raffinata e vengono considerati in maniera più idonea gli impianti che gestiscono la ventilazione all’interno degli edifici; i Guadagni solari, i locali non riscaldati, la sottrazione di energia con l’extraflusso, la valutazione degli apporti interni latenti e la valutazione degli apporti solari sulle superfici opache.
   A mesi dalla pubblicazioni delle UNITS 11300 siamo ancora in attesa dell’aggiornamento del software DOCET dell’Enea mentre le altre case software sono state ovviamente più tempestive, garantendo la continuità operativa e ovviamente allargando clientela e guadagni.
Con la LEGGE 3 AGOSTO 2013 N. 90 è stata ulteriormente variata la normativa:
  • tutti gli ape emessi dal 04.06.2013 devono essere resi in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio; le autorita' competenti che ricevono le certificazioni eseguono i controlli periodici e diffusi e, qualora ricorrano le ipotesi di reato di cui all'articolo 76 DPR445/2000, applicano le sanzioni previste dal medesimo articolo; 
  • il professionista qualificato che rilascia un attestato di prestazione energetica degli edifici senza il rispetto dei criteri e delle metodologie di legge e' punito con una sanzione amministrativa nn inferiore a 700 euro e non superiore a 4200 euro; 
  • il direttore dei lavori che omette di presentare al comune l'asseverazione di conformita' delle opere e l'attestato di qualificazione energetica prima del rilascio del certificato di agibilita', e' punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 1000 euro e non superiore a 6000 euro. 
  • Il comune che applica la sanzione deve darne comunicazione all'ordine o al collegio professionale competente per i provvedimenti disciplinari conseguenti. 
   Infine con il DPR 75/2013 è stato emanato il Regolamento recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici. Nello stesso DPR sono stati determinati i contenuti minimi del corso di formazione di 80 ore per tecnici abilitati alla certificazione energetica degli edifici.
   Ripensando alla volontà del governo volta a contenere gli oneri per gli utenti finali, disporre di metodi di calcolo semplificati e snellire le procedure e considerando come è stata recepita, viene da ridere: il quadro normativo che si è delineato evidenzia la complessità dei calcoli necessari alla redazione della certificazione come pure evidenzia la necessità di una formazione dei tecnici certificatori che non può limitarsi alla semplice appartenenza all’albo professionale. E’ evidentemente necessaria la formazione professionale specifica del settore.
   La redazione dell’attestato energetico si conferma una prestazione specialistica e, in quanto tale, diviene improponibile un compenso non adeguatamente commisurato. Di fronte ai rischi sanzionatori e alle responsabilità penali e civilistiche, l’approccio iniziale alla materia energetica si è dimostrato inadeguato. Il tecnico certificatore ne dovrà prendere atto.

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