domenica 16 febbraio 2025

La Nota della Regione Lazio 1566357 del 20.12.2024 con oggetto: “Indicazioni operative per i procedimenti di accertamento di conformità urbanistica "

Scrivo una ulteriore riflessione in relazione alla direttiva di cui sopra, indirizzata ai Comuni del Lazio emessa, nelle more di eventuali ulteriori indicazioni operative da parte del legislatore statale (poi effettivamente emesse con le linee guida del MIT del 31 gennaio u.s.)  e di una organica revisione della legislazione regionale (che hanno annunciato di prossima emissione) stante l’immediata operatività della nuova disciplina,  allo scopo di fornire indicazioni univoche ed uniformi per l’applicazione su tutto il territorio regionale del nuovo istituto introdotto dal Salva Casa, con particolare riferimento all’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui al comma 4 dell’art. 36-bis. 

Nel testo della direttiva al punto 1.1 è riportato :

"Interventi realizzati in parziale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività - 

Preliminarmente è opportuno definire il campo di applicazione relativo a tale tipologia di interventi. La norma menziona il permesso di costruire (art. 10 d.P.R. n. 380/2001) e la segnalazione certificata di inizio attività (art. 23 d.P.R. n. 380/2001) e pertanto la parziale difformità o la variazione essenziale delle opere devono essere valutate rispetto a quanto previsto dai predetti titoli abilitativi; ciò comporta, necessariamente, che le opere in parziale difformità ovvero in variazione essenziale devono essere state realizzate nel periodo di efficacia del titolo di riferimento, con la conseguenza che le opere eseguite al di fuori di tale periodo sono da considerarsi realizzate in assenza di titolo, e dunque escluse dall’istituto di cui si tratta disciplinato dall’art. 36-bis"

Non è chiara la necessità citata nella direttiva che le opere in parziale difformità ovvero in variazione essenziale devono essere state realizzate esclusivamente nel periodo di efficacia del titolo di riferimento.

L'art. 34 detta la disciplina edilizia applicabili ai suddetti interventi qualora siano accertati dal dirigente comunale e le conseguenti sanzioni. Il riferimento all'art. 34 quindi è citato nell'art. 36bis solo al fine di individuare lo specifico titolo al quale la difformità si riferisce. L'esclusione delle opere effettuate fuori dal periodo di efficacia del titolo edilizio dalla disciplina dell'art. 36bis, così come interpretata nella direttiva regionale, comporterebbe la necessità di utilizzare l'art. 36 quale residua disciplina per legittimare l'abuso, equiparando la parziale difformità dal titolo (e la variazione essenziale)  alla totale difformità o alla mancanza del titolo. Sembra una interpretazione, oltre che non rinvenibile negli articoli della norma, eccessivamente penalizzante (in quanto rende non utilizzabile la conformità asincrona)  e fuori dagli obiettivi chiaramente enunciati dal legislatore, anche nella relazione accompagnatoria del decreto. Lo stesso art. 36 riporta il titolo "Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità" e, in assenza di uno specifico rimando previsto nel 36bis, non si capisce perchè possa contenere anche difformità parziali e variazioni essenziali.  

La necessità che le opere in parziale difformità ovvero in variazione essenziale devono essere state realizzate nel periodo di efficacia del titolo di riferimento è invece chiaramente prevista nell'art. 34ter comma 1 relativo "agli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che non sono riconducibili ai casi di cui all'articolo 34-bis possono essere regolarizzati con le modalità di cui ai commi 2 e 3, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore"

E qui il motivo è chiaro: si tratta di una specifica fattispecie, molto diffusa nei grandi centri urbani, dove la stragrande maggioranza degli edifici evidenzia delle difformità dal titolo edilizio per le quali la normativa vigente non prevedeva una procedura di regolarizzazione, introdotta successivamente con la c.d. Legge Bucalossi.    

 La necessità che le opere in parziale difformità ovvero in variazione essenziale devono essere state realizzate nel periodo di efficacia del titolo di riferimento è anche prevista nell'art. 34-ter comma 4 - c.d. agibilità sanante - che a determinate condizione riduce le difformità a tolleranza costruttiva.

Pertanto il punto sopra specificato nella direttiva regionale necessita di un chiarimento.

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La Legge 47/85 demandava alle regioni la definizione delle variazioni essenziali secondo specifiche condizioni fra le quali l'aumento consistente della superficie e del volume da valutare in relazione al progetto approvato.

La Regione Lazio con L.R. 15/2008 con l'art. 17 definiva l'aumento superiore al 2% della superficie lorda e del volume del fabbricato quale variazione essenziale. (quindi sotto il 2% l'interpretazione diffusa sembrava concorde nel definirla tolleranza)

Già dal 2008 quindi la verifica della legittimità dell'unità edilizia necessitava della verifica della superficie lorda e del volume dell'intero edificio rispetto al titolo edilizio originario (quindi già dal 2008 la verifica  della legittimità di un appartamento comportava la misura dell'intero edificio! ).

Il tema della tolleranza costruttiva è stato introdotto per la prima volta dal Dl. 70/2011 che all'art. 5 prevede che  " all'articolo 34 del TUE, dopo il comma 2-bis, è aggiunto il seguente: 2-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali.". (in verità anche l'art. 49 dell'originario TUE  riportava la stessa tolleranza ma solo ai fini delle agevolazioni fiscali).

Inoltre l'art. 9bis del TUE recita: 1-ter. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio, di cui all'articolo 1117 del codice civile. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell'edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso

Il TUE quindi, a seguito delle modifiche introdotte dal Salva Casa, concentra la verifica delle difformità con riferimento alle unità immobiliari e non al fabbricato.

Diversamente, la direttiva regionale riafferma, in quanto vigente nella L.R. 15/2008, la ulteriore verifica delle difformità rispetto alla superficie e al volume del fabbricato rendendo inapplicabili le tolleranze introdotte dal Salva Casa.

Ma la direttiva si spinge oltre: deducendo dalla norma nazionale la definizione di “difformità parziale” come intermedia fra variazioni essenziali e tolleranze costruttive-esecutive, qualifica l’ aumento inferiore al 2 per cento del volume o della superficie lorda complessiva del fabbricato (e non dell’unità immobiliare) quale difformità parziale.

E' quello che si legge nella Tab. 1 – Classificazione delle difformità in area NON VINCOLATA secondo la quale, quindi, il titolo edilizio è viziato da parziale difformità che rende anche le singole unità immobiliari non legittime. 

revisione 2 del 21.02.2025

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