sabato 9 ottobre 2010

SCIA/DIA: l'asseverazione del progettista abilitato

In relazione all’attività professionale del geometra nella materia edilizia assume particolare rilevanza la manutenzione del patrimonio edilizio esistente ove il committente affida al tecnico-progettista l’incarico di redigere la Dia/SCIA secondo il dettato del TUE 380/2001 come integrato dalla Legge 122/2010 di modifica dell’art. 19 della Legge 241/90.


Sanzioni previste nella Legge 122/2010 (riferite alla SCIA). Il comma 6 del novellato articolo 19 della legge 241/90 recita "Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni."


La responsabilità penale è dunque posta in capo ai soggetti che devono rendere:


• dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445;
• attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati (corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione);
• dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese (legge 133/2008), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo (dell'art. 19, comma 1).


Sanzioni previste nel TUE 380/2001 (riferite alla DIA). Per quanto concerne la materia edilizia, l'art. 29, comma 3, del testo unico edilizia (di cui al d.p.r. 380/2001), stabilisce, come noto, che "Per le opere realizzate dietro presentazione di denuncia di inizio attività, il progettista assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale. In caso di dichiarazioni non veritiere nella relazione di cui all’articolo 23, comma 1, l’amministrazione ne dà comunicazione al competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari".


Il richiamato art. 481 del Codice penale, che fa parte dei "delitti contro la fede pubblica" (titolo VII), "della falsità in atti" (capo III), è rubricato "falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità" (sono tali, agli effetti della legge penale "i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi") e stabilisce che:


chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da € 51 a € 516. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Sono applicabili le sanzioni sostitutive previste dagli artt. 53 e segg. della legge 689/1981.


Le sanzioni a confronto. Appare evidente che la sanzione penale prevista dal comma 6 dell'articolo 19 legge 241/90, così come sostituito dalla legge 122/2010, sia ben più grave della sanzione previste dall’art. 29 comma 3 del TUE 380/2001 che fanno riferimento all'art. 481 del C.P., che la Legge 122/2010 non ha modificato ne abrogato.


Sembra logico che la disposizione legislativa suddetta pone degli interrogativi:
• ma il progettista asseverante la SCIA perde o conserva la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità?
• fermo restando la qualifica di persona esercente un servizio di pubblica necessità, il progettista dovrà essere sanzionato a norma del citato comma 6 anzichè con l'art. 481 del C.P.?


In tema di falsità in atti, come noto, il codice penale contempla varie fattispecie:
  • la falsità materiale, commessa dal:
  • pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476)
  • pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 477);
  • pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478);
  • privato in atti pubblici, in certificazioni o autorizzazioni amministrative o in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuti di atti (art. 482).
  • la falsità ideologica, commessa dal:
  • pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479);
  • pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative (art. 480);
  • persona esercente un servizio di pubblica necessità in certificati (art. 481);
  • privato in atto pubblico (art. 483).
 Il comma 6 del novellato art. 19 della legge 241/90 non distingue tra falsità materiale e falsità ideologica, a prescindere da ulteriori qualifiche che può assumere il soggetto (pubblico ufficiale, persona esercente un servizio di pubblica necessità); parimenti non precisa se le attestazioni e/o asseverazioni richieste si qualificano come certificati o come atti.


In altri termini il comma 6 in parola, rispetto al codice penale, sembra faccia di tutta un'erba un fascio.


In materia edilizia la giurisprudenza penale (cfr. Cass. Pen. Sez. III, sentenza 18 luglio 2010, n. 27699 e la richiamata Cass. Pen. Sez. III, sentenza 19 gennaio 2009 n. 1818) è oramai concorde nel riconoscere il valore certificativo dell'asseverazione del progettista, proprio in ragione del fatto che l'art. 29, comma 3, del testo unico dell'edilizia richiama espressamente l'articolo 481 del C.P. relativo, per l'appunto, alla falsità ideologica in certificati.


 Altro discorso per la responsabilità del direttore ei lavori; si riportano due recenti sentenze che, relativamente alla figura del direttore dei lavori del PaC ribadiscono il dettato dell’art. 29 del TUE mentre, nel caso della DIA, interpretano la norma in modo estensivo:


direttore dei lavori del PdC
Con sentenza 14 luglio 2010 n. 27258, la Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha ribadito che la responsabilità penale del direttore dei lavori di un intervento subordinato al regime del permesso di costruire è quella discendente dall'art. 29 del testo unico edilizia, ovvero:


 "Per quanto concerne la posizione del direttore dei lavori, si osserva che in tema di reati edilizi questi è penalmente responsabile, salva l'ipotesi d'esonero prevista dall'art. 29 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, per l'attività edificatoria non conforme alle prescrizioni del permesso di costruire in caso d'irregolare vigilanza sull'esecuzione delle opere edilizie, in quanto il direttore dei lavori deve sovrintendere con continuità alle opere della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica (cfr. per tutte Cass. n. 38924 del 2006).


 In definitiva il direttore dei lavori non è responsabile delle difformità della costruzione rispetto al progetto solo qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione del permesso fornendo all'autorità amministrativa contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa e rinunciando all'incarico. Trattandosi di contravvenzione per la configurabilità del reato è sufficiente la negligenza."
In caso contrario il dirigente segnala al consiglio dell'ordine professionale di appartenenza la violazione in cui e' incorso il direttore dei lavori, che e' passibile di sospensione dall'albo professionale da tre mesi a due anni.

direttore dei lavori della Dia/SCIA
Con la Sentenza n. 28267 del 10.7.2008 la Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità del progettista abilitato che redige la relazione allegata alla Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) non si limita all'asseverazione in tale documento del rispetto delle norme urbanistiche ed in materia di sicurezza, igiene e sanità, ma si estende soprattutto al controllo del rispetto di tali disposizioni nel corso del'esecuzione dei lavori.


L'art.23 DPR 380/2001 prevede che la denuncia di inizio di attività venga accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie (comma1) e che sia corredata dalla indicazione della impresa (comma 2).


Non è prevista invece la nomina di un direttore dei lavori. Il legislatore ha evidentemente ritenuta superflua siffatta nomina, stante il ruolo complesso ed impegnativo affidato al progettista in relazione non solo all'osservanza delle previsioni urbanistiche, ma anche delle norme in materia di sicurezza e di igiene e sanità. Ed il rispetto di tali norme non può, ovviamente, essere solo enunciato al momento della presentazione della relazione, ma (per avere un significato concreto) deve essere controllato soprattutto nel corso della esecuzione dei lavori. Deve ritenersi, quindi, che il progettista abbia un connesso obbligo di vigilanza. Siffatta interpretazione della norma non è contrastata dalla possibilità che il certificato di collaudo possa poi essere rilasciato da un altro tecnico abilitato, rientrando nell'autonomia del privato rivolgersi ad altri e dovendo, comunque, il predetto certificato attestare semplicemente la conformità delle opere realizzate al progetto presentato con la denuncia di inizio attività.

con riserva  di ulteriore approfondimento anche in modifica di quanto commentato.

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