sabato 24 dicembre 2011

Attacco alle professioni ordinistiche: le società di professionisti

Le novità introdotte in tema di società di professionisti ha stimolato nella stampa specializzata alcune analisi sui possibili scenari in attesa delle previste regolamentazioni del settore.
Segnalo due interessanti articoli sull'argomento:


Società di professionisti.
Già sotto il governo Berlusconi la Confindustria spingeva per l'abolizione della riserva per le attività professionali. Con un emendamento alla finanziaria 2011, paventando l'abolizione dell'esame di stato (in realtà uno specchietto delle allodole, sapevano benissimo che l'esame di stato e' previsto nella costituzione e quindi non può essere abolito da una finanziaria). Dopo un paio di giorni l’Italia si trova sotto il tiro dei mercati finanziari, la situazione si fa critica, maggioranza e opposizione decidono di dare un segnale e di approvare in pochissimi giorni la manovra correttiva. Tra i pochi emendamenti che saranno inseriti rispunta l’abolizione degli ordini. In pochi minuti al senato si mobilitano gli avvocati del Pdl minacciando di non votare la fiducia. Tremonti minaccia le dimissioni. Interviene Schifani. Si trova un compromesso con una norma pasticciata, incomprensibile, inattuabile. Ma tutta la stampa, istigata dalle dichiarazioni al vetriolo di Emma Marcegaglia, si scatena contro la lobby dei professionisti, la nuova «casta» che, pur di difendere i propri privilegi, non ha esitato a mettere il paese a rischio di default. Scende in campo anche la Cgl ( che con i CAF già fornisce servizi prima riservati). Tutti sotto le bandiere delle liberalizzazioni, del mercato, della libertà di Accesso dei giovani.
Ma il vero obiettivo è l’interesse di Confindustria a entrare in un mercato, quello dei servizi professionali, che si presenta allettante.

L’esperimento dei Caf, i Centri di assistenza fiscale, può dirsi riuscito: i sindacati, in difficoltà nel loro campo, si sono riconvertiti come fornitori di servizi professionali di bassa gamma. Ora si vuole ripetere l’esperimento più in grande.
 Arriviamo alla legge di stabilità.  Sono almeno tre le disposizioni che manifestano l’intenzione di aprire il mercato dei servizi professionali a investitori che sembrano avere in mente modelli organizzativi di tipo industriale. La norma sulle società tra professionisti, che consentirà ai soci di capitale non solo di entrare in società con i professionisti, ma anche di dominare nel consiglio di amministrazione: i soci professionisti potrebbero essere ridotti a poco più di semplici dipendenti. L’altra disposizione è quella che prevede l’abolizione della legge sugli ordinamenti professionali nel caso non venissero approvati i regolamenti di riforma degli stessi: una sorta di clausola di salvaguardia in grado di garantire in tempi brevi (12 mesi) un ridimensionamento del ruolo degli ordini.
Le nuove società tra professionisti tra incerto trattamento fiscale e rischi di erosione della materia imponibile ai fini previdenziali.Oltre alle problematiche relative alla possibilità che le nuove società professionali siano partecipate anche da soci non professionisti, le nuove forme di aggregazione introdotte nel nostro ordinamento dal comma tre dell'articolo 10 della legge n.183/2011 (c.d. legge di stabilità) introducono più di un dubbio in ordine al corretto inquadramento fiscale del reddito dalle stesse prodotte nonché sull'esatta contribuzione previdenziale alle casse di appartenenza dei singoli soci professionisti.    Le nuove società tra professionisti, qualunque sia la forma giuridica prescelta dai soci, ai sensi delle nuove disposizioni sopra ricordate, dovranno necessariamente prevedere nel loro atto costitutivo: l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci; l'ammissione in qualità di soci di professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, nonché di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento; specifici criteri e modalità sulla base dei quali l'incarico professionale conferito dai clienti alla società sia eseguito soltanto dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; particolarità modalità sulla base delle quali sia prevista l'esclusione dalla società del socio cancellato dall'albo con provvedimento definitivo. Le nuove società tra professionisti potranno essere anche di tipo multidisciplinare. Potranno cioè essere appositamente costituite per lo svolgimento contemporaneo di più attività professionali (quali, ad esempio l'attività di avvocato e di dottore commercialista). I lavoratori autonomi iscritti in albi potranno però partecipare ad una sola società tra professionisti essendo espressamente previsto dal comma 6 dell'articolo 10 della legge 183/2011 che «la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altre società tra professionisti».
 Precisati i confini civilistici delle nuove società tra professionisti (stp come acronimo) veniamo alle problematiche fiscali e previdenziali che le stesse possono generare. Dal punto di vista tributario due sono le questioni sul tappeto: se il reddito prodotto da tali forme societarie sia ancora un reddito di lavoro autonomo oppure costituisca un vero e proprio reddito d'impresa e se i compensi corrisposti alle stp dai clienti che agiscono nella veste di sostituti d'imposta siano da assoggettare o meno alla ritenuta d'acconto ex art.25 del dpr 600/73.
 In assenza di prese di posizione delle Entrate sulla disciplina tributaria delle nuove società tra professionisti l'unico modo per cercare di risolvere le problematiche appena ricordate è quello di rifarsi a precedente interventi di prassi amministrativa. Prima dell'intervento della legge di stabilità per il 2012 nel nostro ordinamento erano previste sia la possibilità di costituire le c.d. società tra avvocati (istituite dal dlgs n. 96/2001) sia le c.d. società di ingegneria (istituite dalla legge n. 109/94). Per entrambe le tipologie suddette l'Agenzia delle entrate ha avuto modo di dirimere le questioni attinenti sia alla natura del reddito dalle stesse prodotto sia all'applicazione delle ritenute alla fonte sui compensi dalle stesse richiesti ai clienti.
 Per quanto attiene alle società tra avvocati, per le quali la norma istitutiva prevedeva l'obbligo di costituzione secondo un particolare tipo di società in nome collettivo, le Entrate con la risoluzione n.118 del 28 maggio 2003, hanno chiarito che il reddito prodotto da tali società «...proprio in considerazione della specificità dell'oggetto sociale ? e della rilevanza che assume la prestazione professionale dei soci rispetto all'incidenza del capitale ... deve essere ricondotto nell'ambito del lavoro autonomo». I redditi prodotti dalle società tra avvocati, continua la risoluzione in commento, costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 49 del Tuir mentre i compensi corrisposti alla stp sono di conseguenza soggetti alla ritenuta d'acconto ai sensi dell'articolo 25 del dpr 600/73.
 Quando invece la forma societaria prescelta per l'esercizio dell'attività professionale è quella di capitali le problematiche fiscali cambiano radicalmente. Nel caso delle già citate società di ingegneria, per le quali la legge istitutiva prevedeva l'obbligo della costituzione in forma di società di capitali, le Entrate si sono infatti espresse in maniera diametralmente opposta a quella delle società tra avvocati, nella risoluzione n.56/e del 4 maggio 2006. In tale documento di prassi si legge infatti che sulla base delle disposizioni attrattive contenute nell'articolo 81 del Tuir il reddito prodotto dalle società tra ingegneri «rientra nella categoria del reddito d'impresa per il solo fatto di essere realizzato da un soggetto costituito in una veste giuridica societaria». Ferma restando la natura professionale dell'attività svolta, si legge inoltre nella risoluzione in commento, il corrispettivo dovuto dal soggetto che ha fruito della prestazione non si configura come compenso per prestazioni di lavoro autonomo da assoggettare a ritenuta d'acconto bensì come ricavo conseguito nell'ambito dell'attività propria della società di ingegneria il quale concorre alla determinazione del reddito d'impresa come componente positivo di reddito.
Resta aperta la questione previdenzialeLa vera questione aperta dalla possibilità di svolgere le attività professionali tramite uno dei possibili modelli societari previsti dalla legge di stabilità del 2010 riguarda però la contribuzione previdenziale dei professionisti. La madre di tutte le problematiche e costituita dalla  possibilità che nella compagine societaria siano presenti, seppure con funzioni meramente tecniche o per finalità di investimento anche soci non professionisti.Tali soci infatti, sulla base della loro quota di partecipazione agli utili societari, finiranno per erodere la base imponibile sulla quale sono dovuti i contributi previdenziali sia integrativi che soggettivi dovuti alle casse di appartenenza dei soci professionisti. Anche per la risoluzione di tali problematiche sarà necessario distinguere fra forme societarie appartenenti alla sfera giuridica delle società di persone e tra le società di capitali.
Nelle società professionali costituite in veste giuridica di società di persone l'unico problema previdenziale che si può porre è costituito dalla società in accomandita semplice. In tali ipotesi infatti sarà frequente constatare la non iscrizione in alcun albo professionale ne tantomeno in alcuna cassa di previdenza dei soci accomandanti. Tenuto conto dell'imputazione dei redditi per trasparenza appare evidente che le quote di partecipazione agli utili di tali categorie di soci sfuggiranno completamente alla contribuzione previdenziale con grave nocumento per l'equilibrio delle casse alle quali risultano iscritti i soci accomandatari. Problematica simile a quella dei soci accomandanti riguarda i soci non professionisti delle società professionali  costituite nella forma di società di capitali (srl. spa, società cooperativa, ecc). In queste forme societarie si pone inoltre il problema di imputare anche ai soci professionisti la quota del reddito societario da assoggettare alla contribuzione previdenziale alle singole casse di appartenenza. Una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata da quella già da tempo adottata in materia di contribuzione Inps dalle società artigiane costituite in forma di società a responsabilità limitata. In tale ipotesi infatti l'imputazione del reddito ai soci artigiani avviene sulla base del principio di trasparenza previdenziale sulla base delle quote di partecipazione aagli utili applicate al reddito fiscale imponibile prodotto dalla società. Principio che potrebbe, ma qui il condizionale è d'obbligo, essere mutuato anche per la contribuzione delle nuove Stp costituite nella forma di una società di capitali.
I ripetuti tentativi di inquadrare i redditi di attività professionale in redditi di impresa hanno purtroppo avuto successo. Le considerazioni relative alla peculiarità e indipendenza del prestazione intellettuale non trovano più interlocutori politici disposti a sfuggire alla logica della libera concorrenza che sacrifica ogni risorsa umana all'unico obiettivo del profitto. Lo schieramento politico che vede le professioni come caste è ormai completamente trasversale con a capo il Premier Monti e il Ministro Catricalà che già in passato avevano espresso l'avversità agli ordini professionali. La battaglia contro le caste dei professionisti in favore della libera concorrenza e delle tasche dei cittadini è proposta dal governo quale strumento per la crescita economica del paese. Così le pur comprensibili istanze di liberalizzazioni (che nella realtà non interessano la gran parte delle professioni alle quali ogni cittadino può accedere liberamente) diventano strumento delle mondo imprenditoriale ed economico per sottomettere quel fattore produttivo, il lavoro professionale, indipendente dal capitale e che produce una interessante se pur piccola percentuale di PIL.
Oltre ai necessari correttivi a garanzie delle casse previdenziali e della stretta osservanza delle norme deontologiche non v'è dubbio che la difesa della professione passerà per la valorizzazione della professionalità  e del rapporto fiduciario con il cliente da contrapporre al ribasso economico stile Grupon.


La paventata abolizione degli ordini professionali (utilizzata quale grimaldello per ottenere invece l'ingresso delle società di capitale nel mercato delle prestazioni professionali), è stata scongiurata. Ma l'apertura alle società di capitali scavalca l'ostacolo degli ordini: il lavoro professionale diverrà un fattore produttivo al pari del lavoro dipendente, da governare, irregimentare e specialmente retribuire magari quale lavoro precario.    

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